Ragire anche se non sei tu la vittima.
Quest’articolo è il resoconto di una vicenda realmente accaduta.
Conosco personalmente la persona protagonista di questa storia. All’epoca in cui è avvenuto l’evento raccontato non praticava nessun sistema di combattimento o di difesa personale.
Credo che per questo motivo il suo resoconto abbia ancora più valore.
Leggi tutta la storia e le considerazione in calce ad essa. Se ti interessa la difesa personale e gli argomenti ad essa correlati ti consiglio questo articolo che è illuminante per capire la differenza tra difesa personale e combattimento: Allenamento nel Krav Maga, vincere la situazione.
Nello specifico ti consiglio anche l’articolo Difendere chi non si sa difendere , sulla difesa di una terza persona.
Come A.S. si è trovato a reagire per difendere uno sconosciuto.
Mi trovavo con degli amici ad un evento in cui erano previste esibizioni di gruppi musicali.
L’atmosfera era quella che normalmente si respira in questi casi. Girava qualche birra. Gruppi di amici. Qualcuno più chiassoso di altri.
Ad un certo punto della serata, nella pausa tra un’esibizione e un’altra, noto uno strano assemblamento di persone. Adesso non saprei dire esattamente il perché ma ho avuto la sensazione che stesse succedendo qualcosa di brutto.
Quando mi avvicino capisco perché. Vedo la scena di un ragazzo picchiato che rimbalzava all’interno del gruppo che lo stava pestando.
Sembrava una scena grottesca. Rimbalzava come una pallina da flipper cercando di mantenersi in piedi e di scappare. Quelli lo chiudevano e lo spingevano di nuovo al centro.
Penso che se continua così finiranno per ammazzarlo. Il ragazzo praticamente non si difende e il gruppo sembra che ci stia giocando.
Intorno la gente non interviene. Tutti stanno a guardare.
Grido qualcosa ma il gruppo non si ferma e nessuno di quelli che mi sta attorno da cenno di sostenermi. Così penso che davvero lo ammazzeranno. Poi penso che se non lo fa nessuno devo lanciarmi dentro e tirarlo fuori io. E penso che probabilmente ammazzeranno di botte anche me.
Mi butto dentro con la stessa incoscienza di chi si tuffa per salvare qualcuno che annega.
Invece mi va bene.
Ancora non capisco il perché e il come ma quando mi tuffo in mezzo gridando di smetterla il gruppo mi lascia fare.
Continuo a pensare che ho avuto davvero molta fortuna.
Cosa considerare nella situazione quando sei indeciso se reagire o meno:
— Il Gruppo.
La dinamica con cui agisce un gruppo di persone è difficile da prevedere. Nei contesti violenti si caratterizza generalmente per una sorta di reciproco rafforzamento dell’atto criminale. Il gruppo spersonalizza ed in un certo senso protegge.
Per questo motivo l’aggressione da parte di più persone è da considerare altamente pericolosa. Per questo se le procedure di elusione e de-escalation non funzionano vanno prese in considerazione le tecniche di sfondamento e fuga per passare attraverso più persone.
In subordine il combattimento va comunque inteso come un mezzo per prendere tempo e comunque cercare una fuga o di equipaggiarsi con un qualche strumento per rafforzare la propria difesa.
Combattere contro più persone ha un indice di rischio che può essere tranquillamente definito mortale. Stare al gioco va bene sono per i film d’azione.
— Aiuto esterno da parte di grandi assemblamenti di persone.
E’ un fenomeno che lascia perplessi ma non è infrequente che maggiore sia il gruppo di persone che assiste ad un reato minore sia la sua risposta in termini di intervento.
Se per l’atto criminale l’essere in gruppo sembra essere un elemento facilitatore avviene l’esatto contrario per la sua interruzione. Un po’ come se, poiché si è in molti ad assistere, si dia per scontato che qualcuno interverrà.
Un elemento da tenere in grande considerazione per chi si occupa di difesa personale.
Cosa ha pensato il protagonista della storia dopo aver reagito:
La cosa che mi ha sconvolto di più è il fatto che nessuno di quelli che erano lì sia intervenuto.
Eravamo davvero in tanti e ci sarebbe voluto poco per bloccare il gruppo. Invece erano tutti come paralizzati.
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