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Purtroppo molte volte puoi contare solo su te stesso

Avete sentito di persone aggredite alla luce del giorno nella più totale indifferenza?
Quali sono le ragioni psicologiche dietro a questo assurdo comportamento? Ricevo e pubblico questa analisi a firma di Stefania Piras.

Perché non puoi aspettarti aiuto da chi ti circonda.

Se vi dovessi chiedere: “Aiutereste una persona in difficoltà?”, mi rispondereste tutti di si.

Allora perché, ai giorni nostri, si sente sempre di più quel silenzio opprimente davanti a ciò che è sbagliato?

Un esempio eclatante è quello di Kitty Genovese che venne aggredita con due coltellate alla schiena da Winston Moseley. Se qualcuno dei testimoni fosse intervenuto nella prima mezz’ora a quest’ora sarebbe ancora viva. Non si tratta di apatia nei confronti della vittima, solo che la maggior parte delle volte la situazione che ci si presenta davanti ai nostri occhi è più forte della nostra voglia di aiutare. Pervade la nostra mente come una macchia del petrolio più nero ed è lì che perdiamo i minuti più preziosi.

Perché molte persone non aiutano?

Perchè chi ha visto Kitty Genovese morire non ha fatto nulla?

La risposta possiamo trovarla nella teoria dello spettatore indifferente che si sviluppa sotto tre aspetti fondamentali:

La diffusione della responsabilità: se lo spettatore dell’aggressione si trova da solo, la responsabilità di reagire ricade unicamente su di lui. Se ci sono altri testimoni invece, ognuno di loro sente meno la responsabilità e dirà a se stesso “perché dovrei intervenire se potrebbe farlo qualcun altro al posto mio?”

Il modello implicito del “non è successo niente”: quando ci troviamo di fronte ad una situazione di emergenza spesso si crea un lasso di tempo in cui lo spettatore sta cercando di capire cosa sta succedendo e cosa fare per dare una mano, quindi ha un attimo di esitazione. Tuttavia egli diventa un “modello di passività per gli altri”. Quindi “questo processo di modellamento definisce la risposta appropriata alla situazione: non fare nulla”.

Altri fattori che determinano la mancanza di intervento.

La paura dell’imbarazzo: la presenza di altre persone che vi guardano e vi giudicano, potrebbe creare una sensazione di disagio e quindi potrebbe inibire un possibile intervento, soprattutto se chi vorrebbe intervenire non è sicuro di riuscire a reagire in modo corretto. Inoltre c’è il rischio di intervenite quando non c’è bisogno. Siete al parco e ad un certo punto vedete due ragazzi che si stanno picchiando, vi precipitate subito ad intervenire, peccato che quei due si stessero semplicemente allenando. Pertanto si verifica la “paura della valutazione”.

Un altro fattore importante nel prestare soccorso è il tempo.
La pressione temporale è in grado di esercitare un profondo effetto di smorzamento sulle risposte prosociali. Tendiamo a fermarci di meno ad aiutare qualcuno se siamo in ritardo. Riusciamo a sentire il ticchettio dell’orologio nella nostra mente. “Non posso fermarmi adesso, passerà sicuramente qualcun altro a dare una mano”.

Sono sicura che la maggior parte delle cose che avete letto non sono delle novità per voi, o magari no, ma averne la conferma aiuta. Aiuta voi a capire come funziona la nostra mente e reagire, sia quando siete voi le vittime sia quando non lo siete. Il mio è un invito a non cadere nelle ragnatele della nostra mente, perchè potete fare la differenza, Kitty ne è un esempio schiacciante. La paura paralizza, la fretta ci rende meno sensibili.

Aiutare persone in difficoltà, consigli utili.

Quindi la prossima volta che vedete qualcuno che ha bisogno d’aiuto non fatevi prendere dalla fretta o dalla paura di sbagliare, meglio avere la certezza che quella che pensavate un’aggresione era in realtà uno scherzo piuttosto che avere il dubbio.

Non sto dicendo di essere incoscienti o di aiutare qualcuno con il rischio di dover essere aiutati anche voi, sto cercando di dirvi che potete reagire, chiamare la polizia, urlare, esprimere il vostro disappunto in situazioni che non pensiate possano essere piacevoli per chi le subisce.

Se non farete niente chi aggredisce penserà che il suo comportamento non è un problema, penserà che resterà impunito, penserà che potrà farlo ancora, ancora e ancora.

“Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo” mi dissero. E ora io lo dico a voi.

Bibliografia

– Introduzione alla psicologia sociale, Il Mulino, a cura di Miles Hewstone, Wolfgang Stroebe, Klaus Jonas, Alberto Voci.

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