Difesa da minaccia da coltello. Inquadriamo bene il problema.
Hai presente l’amico spiritoso che non appena sa che stai frequentando un corso di difesa personale ti dice: “Ti dimostro che quello che fai non serve.” Poi prende un coltello in plastica e tenendolo vicino a sé aggiunge “Dai prova a portarmi via il coltello.”
Lo sai che ha ragione?
Continua a leggere e capirai esattamente il perché.
Minaccia da coltello, il punto cruciale.
Forse poche cose come l’argomento della minaccia da coltello è capace di suscitare le più accese discussioni. L’argomento, come tutti quelli che toccano situazioni ad alto rischio, è ovviamente spinoso.
Il punto cruciale della questione riguardo la minaccia armata è anche quello che, in generale, si affronta di meno. Ovviamente non si tratta delle tecniche.
Certo, il nostro personalissimo punto di vista preferisce movimenti semplici, facilmente adattabili in un ampio ventaglio di situazioni, attuabili anche in condizione di forte stress.
Ma il punto non è questo.
Il punto riguarda la modalità di allenamento e di simulazione della situazione.
La minaccia da coltello va calata in un contesto realistico esattamente come qualsiasi altro tipo di aggressione. Chi minaccia utilizza il supporto di un’arma per ottenere qualcosa dalla vittima che ha scelto. Sia esso un bene materiale (denaro, cellulare, auto) o una soddisfazione psicologica (vendetta, rivalsa).
Le fasi della minaccia da coltello
Volendo schematizzare questo genere di aggressione si può schematizzare in:
Fase di approccio. L’aggressore dopo aver selezionato la vittima le si avvicina in una situazione favorevole.
Fase di minaccia. L’aggressore mostra l’arma alla vittima e la pone in una situazione di pressione psicologica.
Fase risolutiva. L’aggressore ottiene ciò che vuole oppure viene messo nelle condizioni di non potere (fuga, intervento di altre persone) o non volere (tecnica efficace di difesa personale) continuare l’azione.
Le possibilità di successo nella prima fase si possono circoscrivere in una buona prevenzione o dissuasione a seconda dei casi. Ambedue, per poter essere attuate, richiedono un buon livello di allerta e presenza.
Le possibilità di successo nella seconda fase invece, nel caso sia necessario reagire, circoscrivono la qualità fondamentale all’elemento sorpresa.
Le possibilità di riuscire anche in una “semplice “ azione di allontanamento – percussione – fuga si abbassano drasticamente sino ad arrivare prossime allo zero se l’aggressore si rende conto che stiamo per agire.
Allenamento, allenamento e ancora allenamento!
Banale ma se non lo si allena, non si può pensare di fare affidamento sulla scelta tattica dell’elemento sorpresa come cosa data per scontata.
Infatti, una situazione di alto stress come lo stare sotto la minaccia di un’arma, è bene fare affidamento su processi ben automatizzati in allenamento.
Quindi, tornando al nostro simpatico amico, ebbene ha ragione. Non esiste difesa da un aggressore, che è anche nostro amico, che si tiene lontano e nasconde l’arma.
O meglio non serve.
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